Che cos’è la spiritualità? Sentiamo spesso usare questa parola e il mondo ci propone sempre più percorsi che si descrivono “spirituali”, ma cosa significa questo? Conoscendo Damanhur ho incontrato un nuovo modo di definire la spiritualità, cioè il “saper dare significati alle cose”. Il nostro percorso di quest’anno, nell’esplorazione delle diverse divinità, mi sta dando una bellissima opportunità di cercare significati dietro alcuni concetti divini. Ricercando diverse divinità, faccio un viaggio con loro, vedendo il mondo attraverso i loro occhi, e attraverso il popolo che era loro devoto, trovando significati dietro aspetti quotidiani, che scopro essere molto profondi.

Già solo chiedermi il significato delle caratteristiche di una divinità, — come Lugeilan mi ha spinto a fare — mi ha dato una visione di vita affascinante, la possibilità di pormi domande importanti ed esplorare la vita più profondamente.

Il desiderio di ricercare nel campo dello spirito mi accompagna fin dall’adolescenza. In quell’epoca, con la trasformazione del mio corpo e della mia psiche, ho avuto diverse esperienze mistiche, al di fuori del mio controllo. Per descrivere questi eventi userò un linguaggio poetico, poiché sono quelle esperienze che vivi, anzi che ti travolgono e che poi decodifichi per anni a venire, qualche volta anche per tutta la vita.
Erano esperienze che si innescavano in momenti ordinari: seduta a tavola con la mia famiglia, sul tram verso l’università, nella piazza centrale della mia città mentre aspettavo gli amici il sabato sera… Era tutto molto normale, ma d’un tratto avevo la sensazione di entrare in uno spazio diverso. Mi trovavo in un altro tempo, che di solito scorreva molto più lento. Tutto d’un tratto nuotavo nell’universo, non ero solo me stessa, ero tutto il pianeta, avevo la sensazione viscerale che avrei potuto da un momento all’altro distaccarmi da me stessa, diventare il pianeta e svanire nell’immensità del cosmo. La descrizione non trasmette la vastità della mia esperienza, ma spero che vi arrivi almeno un po’ dell’emozione che ho vissuto in quei momenti.

Dopo queste esperienze, ho sentito l’imperativo di studiare diversi percorsi spirituali. All’Università frequentavo il corso di psicologia, ma studiavo le materie del programma il minimo necessario. Tutta la mia attenzione era direzionata a leggere libri di Richard Bach, Osho, Yogananda e altri Maestri che mi aiutavano a comprendere il significato delle mie esperienze. Maestri che parlavano di spiritualità.
Questa sete di libri che mi nutrivano l’anima era appagata specialmente dai libri di Falco. Uno in particolare era “Morire per imparare”, che ho letto durante la mia prima visita a Damanhur. È uno di quei libri che letto con la testa non ci capisci niente, ma a livello di emozioni mi faceva vivere delle vere aperture spirituali. Quando poi lessi a mia madre “Imparare a morire”, durante il suo passaggio verso l’Oltre, condivisi con lei forti emozioni di amore fino al suo ultimo respiro.

Tornando a Lugeilan, ecco quali significati ho scoperto:

  1. L’agricoltura: un campo da gioco

Le divinità, in questo caso Lugeilan, sono giocatori. Hanno bisogno di questo mondo come campo di gioco, per poter imprimere nella materia la conoscenza che è in loro insita. Anche la cultura è un campo da gioco per le divinità. L’avvento dell’agricoltura ha trasformato il rapporto con il territorio, con il tempo, con le specie animali e vegetali e con il luogo, creando nuove storie, nuovi miti, nuovi territori di scambio e conoscenza.

2. Il tatuaggio: la narrazione sul corpo

Il corpo è un segno magico tridimensionale, e in alcune culture il tatuaggio è considerato un modo per tracciare su di sé segni di conoscenza che collegano gli uomini alla divinità. In questo modo, il corpo assume nuovo significato, fino a poter diventare uno strumento della divinità stessa. Nelle culture tribali, questa trasformazione passava anche dalla conquista del dolore, come porta verso stati più ampli di coscienza. Non era mai un atto casuale di pura decorazione.

3. L'acconciatura: antenne per sintonizzarti con il divino

I capelli sono antenne, quindi l’arte del saperle usare dà l’opportunità agli esseri umani di sintonizzarsi sulle frequenze dei serbatoi di conoscenza via via più elevati. Altri ruoli sacerdotali di contenimento, invece, richiedevano l’assenza di capelli per mantenere in sé energie e conoscenza.

Mi sembra che a oggi questa conoscenza dell’uso dei capelli come antenne sia dimenticata. Chissà come ci potrebbe aprire le percezioni se la sapessimo usare?

 

Bertuccia Bietola

"Siamo attori di uno spettacolo per gli Dei, finché non diventeremo Dei noi stessi."