I Templi dell’Umanità: la mia prima visita
Dopo quasi un mese a Damanhur, finalmente ho visitato i Templi dell’Umanità.
La prima sensazione che ho avuto appena uscita è stata quella di percepire un insolito e improvviso vuoto mentale. Da dove posso cominciare per parlare di questa esperienza? Non è facile trovare un’unica parola che possa descrivere questo posto anche se, riflettendoci, una mi viene in mente: Andateci!
Per farsi un’idea di cosa siano i Templi dell’Umanità, si può iniziare visitando il sito web e facendo il tour virtuale o guardando il film ”Dreams of Damanhur” di Keith Busha. Questo è il DVD che inizialmente mi ha ispirato a venire qui, cattura l’essenza dei Templi molto meglio di quanto possano farlo delle parole nere su una pagina bianca. Non mi concentrerò sulla descrizione generale dei Templi dell’Umanità ma solo su alcuni degli aspetti che mi hanno emozionato maggiormente.
Appena entrata nei Templi dell’Umanità venivo subito colta da un senso di stupore che dissipava le parole nella mia testa. Il mio cranio si era trasformato in un contenitore vuoto per poter accogliere immagini immense e compenetrate. E’ come immaginare l’anima di Michelangelo ritornare sulla terra ma condivisa da un gruppo di persone dedite alla creazione di questo miracolo fatto di Spirito, Arte e Passione contemporaneamente.
Come se non bastasse, lo hanno fatto sottoterra, scavando nella roccia solida, e inizialmente in segreto. Dopo tutto, era stato Michelangelo a dire che la scultura rappresentava un atto di liberazione di un angelo dal marmo scolpito fino a liberarlo. E osservando gli intricati soffitti in vetro colorato a forma di mandala, la memoria rimanda alla Cappella Sistina (non tanto per la somiglianza quanto per l’impegno e la bellezza). Sembra di guardare una luce diretta dal cielo, poi riflettendo si ricorda che non siamo nemmeno a contatto con il cielo, siamo sottoterra e il vetro del soffitto è illuminato da luci sotterranee. Questo di per sé spostava la mia percezione di tempo e spazio dando la sensazione di essere “come sopra, così sotto” nello stesso istante.
Tutte le sale del Tempio sembrano fondersi insieme nella mia memoria adesso, rendendo difficile una descrizione accurata. La Sala della Terra, la Sala dei Metalli, la Sala dell’Acqua, la Sala delle Sfere, la Sala degli Specchi. Ognuna ha il proprio messaggio ed essenza (che azzarderei a chiamare… la propria “entità”). Molti dei pavimenti sono impreziositi da mosaici mentre i soffitti sono in vetro colorato.
Le pareti di alcune sale sono coperte da dipinti di paesaggi, stagioni, elementi e fasi vissute dal genere umano, sia individualmente (dall’infanzia alla vecchiaia) che collettivamente (evolutivamente e storicamente). Ci sono dipinti dei cittadini di Damanhur e guardandomi attorno ho riconosciuto alcuni di loro. C’è Salamandra, ad esempio, raffigurata come un anziano saggio che dà consigli a un gruppo di altri cittadini.
Il Tarassaco è il fiore di Damanhur (sì, proprio quello che consideriamo un’erbaccia). In vari punti ho visto Tarassachi dipinti o rappresentati nei mosaici, in vari stadi di crescita: dalla foglia al germoglio che sta per sbocciare e infine alla lanugine che libera i semi.
Ci sono anche delle porte in vetro colorato posizionate ai quattro angoli di una delle sale, rappresentano gli elementi fuoco, terra, aria e acqua. Queste sono in realtà delle nicchie simili ad un armadio, illuminate dall’interno, ciascuna contenente degli altari. Ci sono anche vetrate simili in alcune delle altre sale. Se ricordo bene, uno di queste contiene una delle molte porte segrete. Le pareti, che sembrano apparentemente senza una porta, se toccate e spinte nel punto giusto ruotano e conducono in altri ambienti.
Sembrava anche di percepire un suono simile ad un ruggito persistente, provenire da qualche parte all’interno delle mura intorno a noi. “Non è un Minotauro che aspetta avidamente di divorarci giunti al centro del labirinto, questa è la musica costante dei Templi – dice Ornitorinco, la nostra gentile guida – È il suono degli utensili, forse un trapano o una sega, per via dei lavori sempre in corso”. C’era anche una donna che dipingeva immagini, in uno spazio vuoto sul muro di una delle sale, proprio mentre passavamo.
Una delle mie sale preferite è il Tempio Azzurro. È piccola e rotonda con una grande sfera di vetro blu sull’altare. C’è anche un bellissimo pavimento a mosaico raffigurante una carta dei tarocchi. Devo ammettere che La Stella è la mia carta dei tarocchi preferita. È la mia carta guida. E, curiosamente, questo mosaico della Dea della Stella è molto simile a quella raffigurata nei miei dipinti. Ha una mano alzata, raccoglie l’acqua dal cielo e l’altra che scende, versando acqua sulla terra.
Ornitorinco ci confidava che parlando dal centro della Stella, si possono sentire le nostre voci riecheggiare. È l’unico posto in questa stanza da dove questo è possibile. Trovandomi sul cuore della Dea della Stella recitavo: “Dal cuore della Stella, sento l’eco della mia anima.” E sorprendentemente, la mia stessa voce, più piccola e stranamente disincarnata, mi rispondeva e non chiedetemi come potesse accadere perché non avevo intenzione di rompere quell’incantesimo facendo un sacco di domande.
La scoperta successiva è stata vedere un pezzo della dea che muovendosi apriva una piccola botola e da li, scendendo giù per le scale, potevamo raggiungere altri piani sotterranei. Ricordo che da bambina ho sempre amato le case dei divertimenti, o le case degli spettri come a volte le chiamavamo. Mi piacevano molto i labirintici e ombrosi meandri che portano in varie stanze celando immagini e archetipi misteriosi. Proseguendo, ci siamo dunque incamminati attraverso stretti corridoi dipinti con figure egiziane. Osservavo le porte emergere dalle pareti per collegarsi a cunicoli che portano ad altre stanze. Sono stata in una sala così piena di immagini, da non riuscire ad osservarle tutte. Quindi respirando ho provato ad assorbirle camminando.
Un’altra delle sale che mi ho preferito è la Sala dell’Acqua. È il tempio “della vita, della morte, dei sogni, della conoscenza e della memoria”. Il pavimento, un mosaico con dei delfini mi ricorda quello che ho visto nella casa dei delfini sull’isola di Delos in Grecia molti anni fa. Quel mosaico, che era stato parzialmente distrutto dal tempo, mi ha fatto venire le lacrime agli occhi. Avevo provato uno strano senso di tristezza per qualcosa perduto ormai da tempo ma da qui, capisco che ciò che sembrava essersi perso era stato poi ritrovato.
Una piccola goccia è diventata un oceano. Non è tanto la quantità di cose nuove che ho imparato qui a stupirmi, quanto piuttosto la bellezza del profondo riscontro che sento, il senso di molte cose vissute e di tanti percorsi che ho amato nella mia vita convergono in uno solo e non solo nei Templi dell’Umanità, ma in tutta Damanhur. Il fatto è che i Templi accentuano questa sensazione, addentrandosi nei misteriosi meandri dell’essere.
La sala Dell’Acqua ha la forma di un cilindro. Le sue pareti, dipinte su uno sfondo bianco, ospitano modelli di spirali, linee, geometrie, serpenti, cerchi e segni in lingua sacra, tutto dipinto e creato da Falco. Ci sono anche nomi di tante divinità di diverse religioni e mitologie. Il compito di questi disegni e di queste parole è quello di evocare ricordi e conoscenze antiche, essendo una specie di biblioteca sacra.
C’è una sfera piena di liquido blu in questo sala e un’altra con del liquido trasparente ed una candela rossa tremolante dietro e questa fiamma è sempre tenuta accesa. Ornitorinco, passando le mani attraverso dei campanelli eolici sospesi, creava una spirale sonora accompagnando la nostra uscita dalla sala.
Giunti in una serie di corridoi chiamati Labirinto, la mia anima amante della mitologia è andata in estasi. Qui ci sono muri e pareti con vetrate molto finemente colorate, ciascuna illuminata dall’interno. Ogni vetrata raffigura una grande divinità mitologica proveniente da ogni parte del mondo comprese le principali religioni.
Ricordo che da ragazza guardato le vetrate colorate durante la messa cattolica e in questo posto ho provato il piacere di guardare le vetrate raffiguranti alcune delle mie divinità preferite: Pan, Persefone, Ganesha, Bastet, Amaterasu, Pele, e molti altri ancora.
Anche la Sala delle Sfere è interessante. È una piccola stanza rettangolare con sfere piene di liquido di diversi colori allineate e alloggiate in nicchie separate. Pare siano piene di liquidi alchemici. Adoro i colori di questa stanza, il marmo di un rosso intenso, il soffitto dipinto in foglia d’oro mi fa pensare al palazzo di Minosse a Creta, almeno per come me lo ricordo anni fa.
Il nostro viaggio era giunto alla fine entrando nell’ultima sala dei Templi dell’ Umanità: la Sala degli Specchi. Non ricordo i singoli dettagli, se non le grandi pareti e soffitti rivestite interamente di specchi. La luce era soffusa e delicata, gong di varie dimensioni fiancheggiano i perimetri della sala. Una volta seduti al centro, siamo rimasti in ascolto mentre Ornitorinco colpendo a turno ogni gong, creava una vibrazione sonora profonda e in forte espansione in tutta la sala.
Questo posto “celebra il risveglio di tutto il genere umano”, scrive Esperide Ananas in “ Damanhur: I Templi dell’Umanità”, un bellissimo e pittoresco libro che decido di consultare dopo la mia visita. “Un antico mito, caro alla tradizione damanhuriana, descrive la divinità come uno specchio che deve frantumarsi in infiniti frammenti per entrare nel mondo materiale… Vedere noi stessi riflessi qui ci ricorda la nostra origine divina”.
Cosa dire? Cercherò di riassumere.
Almeno per quanto mi riguarda, ed in modo del tutto nuovo, tanti piccoli pezzi di me dopo essersi frammentati e riflessi sono tornati a me. Penso all’energia inquieta e spesso ansiosa che provavo prima di venire qui. E’ stato come se la mia stessa frequenza si fosse modificata, ora la percepisco arricchita e mi sento fiduciosa. L’ansia è diminuita, mi sento più concentrata e carica.
Quando ho domandato ad alcune persone se sentissero il peso del troppo lavoro, queste mi hanno risposto serenamente che lavorando nei Templi dell’Umanità sentono la loro energia crescere. Sembrano amare ciò che fanno e il sogno per cui lavorano. Sono collegati a uno scopo più grande, una risonanza morfica, un’entità globale in crescita che i Templi dell’Umanità stessi concentrano ed esprimono.
Alla fine, uscendo dai Templi dell’Umanità, sentivo i miei pensieri calmi e sereni. Sto assaporando la fragranza della misteriosa profondità della rosa. Mi sento anche più sicura dei miei doni e della mia creatività. Queste persone stanno facendo cose incredibili qui. E ho cavalcato l’onda insieme a loro. Sono fiduciosa, sento che c’è un posto per me nel mondo, per il mio contributo, che sia qui o altrove. La mia guida, la Dea della Stella, si muove con me oltre le mura del Templi e ritorna in superficie.
Ann Marie Molnar
Responses