Lo spirito divino che ci accompagna nel mese di ottobre è Rāma, settimo avatar del dio indù Vishnu. È bellissimo, coraggioso, saggio, dai nervi saldi e dalla pelle colore del cielo – da cui proviene –, devoto sposo di Sita, altrettanto fedele, innamorata e ricca di talenti. Rappresenta la divinità che si manifesta sulla Terra durante il Tretā-yuga, l’era caratterizzata dalla comparsa della malvagità, in cui i sacrifici umani erano consueti. In una delle tante storie a lui dedicate, Rama era un sacerdote che si è ribellato a queste usanze. Rama porta con sé l’archetipo della bontà d’animo e dell’amore fraterno così come è stato Cristo.

Rāma è chiamato anche Rāmachandra, poiché il suo colore è splendido e luminoso come quello di Chandra, la luna. I racconti delle sue avventure datano a partire dal V secolo a. C.; si parla di lui nel “Vana Parva”, parte del Mahabharata, dove si racconta dell’uccisione del re demone Ravana, che aveva rapito Sita. Rama e Sita rappresentano la coppia nata per essere unita, e che deve attraversare il dramma della separazione e patire la lotta per riunificarsi, come lo spirito umano.

Il suo grande viaggio epico è raccontato invece nel Rāmayana, il primo poema epico della letteratura sacra dell’India. La storia di Rama è ancora oggi recitata durante un ciclo di feste che coincide con il passaggio dalla stagione umida alla stagione secca, nel nostro mese di ottobre. “A chiunque reciti le imprese di Rama, il racconto assicura lunga vita, procura fama, accresce la forza, affranca da ogni male; leggendo e meditando questo racconto, meritorio per chi lo ascolta e per chi lo recita, l’uomo si libera da ogni pena.” Rāmayana

Rāma probabilmente è un condottiero realmente esistito che diventa eroe e successivamente è considerato un Dio. È la figura più virtuosa della mitologia indù e il suo comportamento, i suoi pensieri, la sua coerenza verso ciò che ha scelto ricordano a tutti gli esseri umani il valore del dharma, il retto comportamento.

Rāma è un esempio di realizzazione di tutte le migliori virtù di un essere umano. “Perfetto” è il termine che viene in mente se pensiamo a lui e alle sue caratteristiche. Ma “perfetto” significa spesso “irraggiungibile”, “lontano” e queste non sono le sue caratteristiche, tutt’altro. Rāma è un ideale al quale ogni essere umano può puntare, proprio perché desidera essere un esempio delle virtù migliori che noi possiamo raggiungere.

Rāma è un tutt’uno con la sua sposa Sita: lei ha le sue stesse caratteristiche di perfezione e completezza ed è la loro unità che indica la strada da percorrere, un orizzonte sia mistico sia materiale verso il quale tendere.
Rāma, e Sita con lui, è una divinità alla quale possiamo pensare di avvicinarci: sembra ricordarci – ed è questa la sua funzione più preziosa, oggi – che le caratteristiche divine sono quelle che gli uomini possono raggiungere, per la maggior pace di ognuno e del mondo.

Quella di Rāma è una figura fortemente rappresentativa di una cultura specifica, quella indiana, ma contemporaneamente dotata di una grande universalità: parla tutte le lingue dell’anima, di tutte le anime, e invita a realizzare il meglio di sé.

Il mondo dovrebbe ascoltare la voce di Rāma, se vuole superare i suoi problemi: la crisi di identità, la crisi dei popoli, delle nazioni, della politica che giustificano e perpetrano inquinamento, guerra, violazione dei diritti umani, ingiustizia, povertà…

Rāma ci parla di un’identità forte e compassionevole, basata sulla consapevolezza di sé e sul desiderio di incontro con gli altri, per vincere insieme la malvagità e il buio dell’anima. Ci mostra una speranza già realizzata, nella quale il mondo, semplicemente, deve imparare a credere. Rāma, con la sua pelle colore della luna, che ci sorride insieme a Sita, ci dona la fiducia che gli uomini possano far propri il suo coraggio e la sua saggezza.

Stambecco Pesco