Falco Tarassaco era un visionario, un artista eclettico, una fonte di ispirazione senza pari. Di se stesso diceva di essere venuto dal futuro per costruire un futuro migliore, e a questo fine dedicò tutta la sua vita (e ora continua da un altro piano… ;).
Se la rideva di chi pensava che fosse un millantatore e offriva il meglio di sé a coloro che lo seguivano nell’avventura di creare Damanhur e i Templi dell’Umanità.
Portava la sua Conoscenza in tanti modi diversi: attraverso il Gioco, l’Umorismo, il Teatro, la Scuola di Meditazione…

Alla fine dei suoi giorni trasmise la dignità di vivere intensamente fino all’ultimo dei propri giorni centrato sulla propria missione: creare un nuovo piano di realtà, un’alternativa forte al tempo sfilacciato e incerto che possiamo intravedere davanti a noi.

Uno dei modi con cui faceva riflettere era attraverso delle storie, metafore che aprono a nuove comprensioni. Questa è una di quelle.

LA STORIA DI FORMICA

“Ordunque la formica che scoprì il fuoco, portò la notizia della sua grande scoperta alla regina e alle compagne.
Naturalmente non fu creduta, e tutti gli insetti, invitati e invogliati da questa entusiasta, si recarono nel luogo del miracolo, ma, ahimè, nulla più splendeva, nulla più prendeva fuoco davanti alla magica goccia che poco prima aveva fatto da lente, concentrando i raggi del sole su un mucchietto di foglie secche.
La piccola formica fu preda di lazzi e scherno da parte delle compagne, e punita dalla regina.

Il giorno successivo, una bella giornata di sole, Formica sì recò a meditare davanti alla goccia di rugiada, che pendeva come un frutto luminoso e maturo da un lungo stelo d’erba.
“E’ lì ancora”, osservavano da poco discosto alcuni insetti che, ridacchiando, la prendevano ancora in giro. Veramente non sapevano bene perché si erano recati lì: un po’ per curiosità, un po’ perché attirati dal mistero.

Formica provò, provò ancora a mettere pezzettini di foglia come offerte votive di fronte alla goccia, ma non succedeva niente. Pregò, attese. Il tempo passava e il sole saliva sempre più alto nel cielo.
Varie compagne curiose si erano stancate dell’attesa e se ne erano andate, altre erano arrivate e le stavano intorno, affascinate dalle sue parole di preghiera. Alcune addirittura portavano rametti e pezzi di foglie secche con lei.

Anch’essa era ormai stanca; quando il Sole raggiunse l’esatta posizione i raggi si concentrarono e un pallido filo sottile di fumo si sprigionò pigramente dal mucchietto votivo. Sincronicamente si accese la fiamma a un colpo leggero di vento.
Chi rideva ammutolì. Chi collaborava con fatica allo strano lavoro della piccola formica raddoppiò i propri sforzi.
Questa volta altri avevano assistito al miracolo e tutti sciamarono a raccontare che era vero, era vero, il sole si presentava sulla terra! Ma quando giunse la regina e il resto del formicaio non successe più niente.
Non sapendo controllare la loro stessa forza, avevano lasciato spegnere il fuoco: rimaneva solo un mucchietto di cenere, simbolo e “vibuti” per le formiche convertite alla Nuova Forza.
Passò un altro giorno: nuvole scure correvano per il cielo, nascondendo il sole. Tutte le formiche attendevano l’ora magica nella quale il fuoco sacro sarebbe miracolosamente divampato, ma il cielo si faceva sempre più scuro. Nell’ora predestinata non successe nulla.

Allora molte formiche che avevano abbracciato la Nuova Forza rinnegarono la loro fede e si misero alla testa di coloro che più concitatamente si scagliavano o istigavano altri contro Formica e i pochi fedeli rimasti.
La portatrice dell’idea del fuoco cercò di spiegare perché non era l’ora del miracolo, che il sole era il generatore di tutto, ma fu solo schernita e perseguitata.
Nei giorni seguenti scoprì che, salendo su un filo d’erba e usando fili di ragnatela, era possibile mutare la posizione della goccia rispetto al sole.
Imparò, con l’aiuto delle compagne, a portare goccioline d’acqua in foglie ripiegate per formare gocce più grandi dove servivano, scoprì posti più soleggiati e come mettere nel fulcro dei raggi concentrati rametti sottilissimi e ben secchi, come asciugarli nel vento, come comprimerli bene e come fare aria con pezzetti di foglie per dare maggiore esca al fuoco…”
(Continua…)