Spesso avrete sentito dire o avrete detto voi stessi:
Oggi sono al Settimo cielo!
Vi siete domandati che cosa significa?
In un’antica interpretazione religiosa, la volta celeste, sede della divinità, era costituita da nove sfere materiali concentriche, con la Terra al loro centro. Le prime sette prendevano il nome dai pianeti allora conosciuti (la Luna, considerata un pianeta, era il Primo cielo) ed erano quelle che potevano essere raggiunte dagli esseri umani che desideravano contemplare Dio. L’Ottavo e il Nono, invece, si trovavano a uno stadio irraggiungibile per l’uomo.
Quindi, l’espressione “Essere al Settimo cielo” ha sempre assunto il significato di massimo stato di felicità, di beatitudine raggiungibile: il massimo della felicità in tutti i sensi.
In alcune letture spirituali, quello che gli antichi astronomi interpretavano come sfere celesti sono invece stadi diversi della percezione della realtà e lo spostamento da un cielo all’altro rappresenta un nostro passaggio evolutivo, cioè la crescita della nostra percezione e della nostra statura interiore, diversa da persona a persona, in ogni epoca.
I Cieli spirituali
In queste interpretazioni, il Primo cielo si raggiunge quando l’essere umano percepisce se stesso come individuo. Rappresenta il momento nel quale diciamo e pensiamo “Io sono, io voglio, io so, io dico, ecc.”; l’“io”, in questo caso è un’autoaffermazione, non un atto di egoismo, e indica anche assunzione di responsabilità.
Il Secondo cielo è ciò che vediamo quando ci sentiamo parte di un insieme di persone, e pensiamo e percepiamo quel che pensano e percepiscono queste persone (un popolo, una religione, una comunità di qualunque genere…). In questo stadio, il “noi” è la cosa più importante di tutte.
Il Terzo cielo è ciò che una persona vede quando comincia ad accorgersi che dentro di lei c’è qualcosa di più ampio: tutte le sue potenzialità non ancora conosciute.
Il Quarto cielo è quando ciò che una persona non sa di se stessa si unisce a ciò che un’altra non sa di sé. Questo succede nei grandi amori, nelle grandi passioni e quando le persone condividono un medesimo ideale.
Il Quinto cielo è quello della nostra più limpida dimensione interiore. È quando sentiamo che dentro e fuori di noi esiste un mondo misterioso, più grande non solo del nostro “io” ma di tutto ciò che conosciamo, che si manifesta indipendentemente dalla nostra comprensione ma quasi assecondando le nostre aspettative.
Il Sesto cielo è quando si incontra qualcun altro che ha cominciato a fare questa stessa scoperta e si riesce a scambiare con lui la propria esperienza, cosa che permette di raggiungere una grande felicità.
Il gioco del pari / dispari
Nei cieli dispari, secondo questa lettura, abbiamo l’occasione di scoprire la nostra essenza sottile; nei cieli pari, si impara a usare sempre meglio il linguaggio e a comprendere che noi siamo una parte di qualcosa di più ampio, insieme agli altri. Occorre, secondo questa interpretazione, attraversare tutti i cieli, comprenderne il messaggio e superarli.
Il Settimo cielo infatti è la meta: lo raggiungiamo quando impariamo a considerare tutti insieme i precedenti sei, come se fossero sei strade che si incrociano tutte in un medesimo punto.
A Damanhur parliamo di Quesiti spirituali come passi del cammino spirituale di ognuno. I Quesiti indicati da Falco Tarassaco sono otto e l’ultimo indica di ripercorrere tutti i precedenti sette passi, con uno spirito nuovo derivante dall’aver terminato una prima volta il percorso. Le analogie con i Sette cieli sono evidenti: come spesso diciamo, la spiritualità è un’esperienza che si snoda lungo tradizioni diverse, in epoche e continenti lontani, con linguaggi diversi ma con immagini che si richiamano le une alle altre.
Tornando ai Sette cieli: tu, in quale fra essi ti riconosci?
Non è importante la distanza dal settimo cielo, è importante che tu sia in movimento.