Perché non a me?
[vc_row][vc_column width=”1/1″][vc_column_text]Qualche anno fa, ormai ne sono passati quasi dieci, rincontrai un vecchio amico, che non vedevo da vent’anni. Si chiamava Marco, faceva l’avvocato e per le vicende della vita, nonostante l’amicizia, ci eravamo persi di vista.
Marco, che ricordavo forte, palestrato, elegante e un po’ sciupafemmine, era ormai tetraplegico: una malattia neurologica lo stava a poco a poco rinchiudendo dentro il suo corpo, che non poteva più usare. È iniziato così un mio viaggio interiore dentro la malattia, stando vicino a Marco, che per quasi cinque anni sono andato a trovare ogni venerdì pomeriggio, nella sua casa di Torino.
Marco è riuscito quattro anni fa a lasciare il corpo e ricordo di essermi sorpreso a pensare che finalmente, dopo tanti anni di sofferenza, era tornato come tutti, libero da quella gabbia di materia che a poco a poco lo aveva intrappolato. Quando un giorno lo rincontrerò ancora, ci riconosceremo.[/vc_column_text][vc_single_image media=”63749″ media_width_percent=”100″][vc_column_text]
Riflettere su se stessi
Stare vicino a un amico coetaneo ammalato ti porta naturalmente a meditare sul significato della salute, della sofferenza, della malattia, del futuro: lui non è molto diverso da te, osservi in lui un processo fatto alle volte di coraggio, alle volte di disincanto, altre volte di inaspettato entusiasmo per cose piccole, e ti chiedi “Io come sarei al suo posto? Io come vorrei essere? Come riterrei giusto essere?”
Quando poi Falco Tarassaco introdusse il tema della malattia come forma di contatto con l’energia pura dell’universo, come se la malattia fosse un Graal attraverso il quale l’ammalato diventa medium verso dimensioni più alte, a maggior ragione mi resi conto che la mia ritrovata amicizia con Marco era, oltre che – forse, spero, credo – un elemento di sollievo per lui, certamente una straordinaria opportunità di meditazione per me.[/vc_column_text][vc_single_image media=”63751″ media_width_percent=”100″][vc_column_text]
La bellezza della normalità
Dalla mia esperienza con lui ho ricavato molte preziose considerazioni, che sono tutte riconducibili a una: è importante che impariamo ad assaporare, ad apprezzare, a renderci conto di quanto sia importante il nostro stato di normalità, quello nel quale stiamo bene. Sulle grandi scelte, sulle grandi riflessioni sulla nostra vita è bene portare l’attenzione quando non abbiamo bisogno di farlo: testamento, affetti, conti sospesi con qualcuno, tutto dovrebbe essere chiarito quando sembra che non ci sia bisogno di farlo. Il mio amico ebbe tutto il tempo di farlo durante la lunga malattia ma, per forza di cose, con uno stato d’animo che forse gli tolse un po’ della serenità con la quale avrebbe potuto farlo prima.[/vc_column_text][vc_single_image media=”63753″ media_width_percent=”100″][vc_column_text]Quanto ad apprezzare lo stato di normalità, ho scoperto quanto possa essere prezioso il fatto di soffiarsi il naso da solo, grattarsi un orecchio, voltare la pagina di un libro senza dover chiedere aiuto.
Una volta, quando ancora poteva parlare, mi disse “All’inizio, mi sono chiesto continuamente perché questa cosa fosse capitata proprio a me. Poi un giorno mi sono detto: e perché a me non doveva capitare?”
Credo che in quel giorno lui fosse riuscito a canalizzare davvero un po’ dell’energia del Graal, e a fare uno scatto nella comprensione che quella che stava vivendo non era la sua malattia, era la sua vita.[/vc_column_text][vc_single_image media=”58700″ media_width_percent=”100″][vc_column_text]
Un incontro con patch adams
Nello stesso periodo, ebbi occasione di chiacchierare con Patch Adams, il medico americano della terapia del sorriso, che era ospite a Damanhur, e gli parlai di questo amico e della mia difficoltà, alle volte, nel trovare qualcosa da dire a Marco. Patch mi disse “E perché? Lui non sta morendo più di quanto non lo stiamo facendo tu e io. Lui sta vivendo, in una sua maniera certamente faticosa ma altrettanto vera quanto la tua e la mia. Questo è quello che dobbiamo capire della malattia.”
Credo che Marco alla fine lo avesse capito e fosse sereno. Io mi accorgo adesso di come quell’esperienza mi abbia regalato una maggiore consapevolezza delle cose alle quali portare l’attenzione per prime, senza lasciare che la confusione della vita ci distragga. Una lezione che spero di ricordare sempre.
Stambecco Pesco
[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]
Responses