La storia dell’umanità è molto più lunga di quello che insegnano gli storici.
Sappiamo che la Terra è antica di circa quattro miliardi e mezzo di anni e che dopo “appena” mezzo miliardo di anni – giorno più, giorno meno – le prime molecole iniziarono a duplicarsi, dando inizio al processo che oggi chiamiamo vita. La comparsa dell’homo sapiens è datata ancora con grande imprecisione e, a seconda delle teorie, può andare da 130.000 a 300.000 anni fa. Il passaggio dalla preistoria alla storia, che come tutti sanno coincide con l’invenzione della scrittura, avviene nel IV millennio avanti Cristo, tra cinquemila e seimila anni fa.
Questo è ciò che ci dice la storiografia, ma noi oggi pensiamo che le vicende dell’umanità sul nostro pianeta siano cominciate molto prima, in relazione anche alla venuta sulla Terra di specie provenienti da mondi lontani. Le teorie che parlano di questo sono innumerevoli e, sebbene non siano supportate da prove scientifiche, seguono una logica coerente con molte antiche trattazioni mitologiche.
Infiniti misteri
Falco Tarassaco stesso ha dedicato una parte del suo insegnamento a tracciare una nuova visione della storia dell’umanità. Racconta che la Terra, circa due milioni di anni fa, iniziò a ricevere visitatori provenienti da imperi stellari lontani, che avevano scoperto che il pianeta poteva essere un punto strategico importante. La Terra era già abitata da razze umane poco evolute e, dall’unione tra esse e i visitatori stellari, si svilupparono alcune civiltà che oggi consideriamo mitiche – pensiamo, tra tutte, ad Atlantide – che sono alla base dell’umanità che conosciamo oggi.
In effetti, l’archeologia presenta molti misteri ancora irrisolti e spesso pone più interrogativi delle domande alle quali sa dare risposte. I grandi monumenti del passato, come alcuni manufatti rinvenuti in punti diversi del pianeta, stanno lì a testimoniare che molte, moltissime cose devono ancora essere comprese.
La domanda che sorge spontanea è: come mai rimangono così pochi segni espliciti di un passato che dev’essere stato molto ricco e tecnologicamente evoluto? Com’è possibile che sia giunto fino a oggi il Poema di Gilgamesh, per fare un esempio, tramandatoci dal mondo sumero su delicatissime tavolette d’argilla, e non esistano invece testimonianze su Lemuria o sulla stessa Atlantide, così tecnologicamente evolute? Secondo molti ricercatori, le grandi potenze del passato si distrussero reciprocamente e questo spiegherebbe perché non ne è rimasto quasi nulla, ma questo non spiega perché la loro memoria sia così confusa e lontana.
Come noi da bambini
Tutto trova però una spiegazione spirituale se pensiamo ai nostri ricordi di bambini. Chiediamoci cosa ricordiamo della nostra infanzia, dei primi giorni della nostra storia personale: forse ne conserviamo qualche confusa sensazione, qualche colore, qualche impressione ma nulla di più. Eppure, la nostra infanzia è esistita e noi non saremmo qui oggi senza di essa. Con ogni probabilità, la storia antica dell’umanità assolve alla stessa funzione: rappresenta la nostra infanzia collettiva e per questo è protetta da un alone di mistero che forse non supereremo mai, come se non avesse potuto imprimersi nella giovane memoria della specie umana perché all’epoca non era ancora pronta a contenere tutte le esperienze.
Ed ecco quindi che la ricerca nel campo della storia nascosta rivela un duplice valore: da un lato, può aiutare la coscienza collettiva a ricostruire i fili del passato che ci unisce tutti, come la storia degli antenati unisce tutti i membri dello stesso popolo. Dall’altro lato, può ispirare ognuno di noi nella ricerca della propria, personale storia nascosta.
Non ti piacerebbe conoscere qualcosa di più di te stesso, della vita dei tuoi giorni lontani, quando ancora la tua memoria non era preparata a contenere i tuoi gesti e le tue emozioni? In fondo, ognuno di noi è come un’antichissima civiltà che si è sviluppata in un passato del quale abbiamo poche tracce ma che ci guida ancora oggi. Ci sono più misteri nelle antiche civiltà perdute o nella nostra infanzia? Chissà che ricercando in una direzione, non si possa fare scoperte anche nell’altra.
Stembecco Pesco