Quando è nata Damanhur, i telefoni erano fatti di bachelite, avevano una rotella che girava e, soprattutto, erano fissi. I computer occupavano stanze intere e avevano bisogno di personale specializzato. Erano da poco terminati i viaggi sulla luna che, si dice oggi esagerando ma non troppo, potevano contare su una tecnologia paragonabile a quella di un’attuale calcolatrice. Internet, semplicemente, non c’era: si leggevano i giornali cartacei, la pubblicità era quella per le strade e in televisione, quando si voleva mandare un messaggio si spediva una lettera con un francobollo e per acquistare cose si doveva andare nei negozi.
In questi ultimi quaranta anni, la tecnologia ha cambiato il mondo e le nostre abitudini in modo vertiginoso. Per chi oggi ha trenta anni, è normale non conoscere a memoria numeri di telefono, non consultare mappe stradali prima di effettuare un viaggio, fare tutto da casa e preoccuparsi innanzitutto di avere una buona connessione.

Essere all’avanguardia

Molti si chiedono se la tecnologia sia un vantaggio o uno svantaggio, se le persone siano diventate migliori perché hanno più possibilità o se siano regredite, dato che fa tutto il loro smartphone. Falco Tarassaco ha sempre sostenuto che la tecnologia è un elemento importante di crescita e ha sempre chiesto a Damanhur di essere all’avanguardia dal punto di vista delle nuove tecniche. Per questo motivo, i damanhuriani hanno sempre fatto in modo di imparare l’uso dei nuovi strumenti, sia quelli personali sia quelli per la realizzazione di grandi impianti: nel campo delle tecnologie edili, ad esempio, o della produzione di energia o dell’irrigazione, facendo in modo di privilegiare le modalità di salvaguardia ambientale.
La più grande trasformazione tecnologica è quella che riguarda direttamente le abitudini personali, e deriva dai telefonini, dai personal computer, da internet e dai social. Falco la praticava molto moderatamente: non aveva account personali e, amava sottolineare sorridendo, usava il computer come la macchina per scrivere. Aveva però sempre con sé un tablet da consultare e sosteneva che dedicarsi, come svago, ai vari giochi on line, aiutava a dare stimoli alla fantasia e all’immaginazione.

Una sfida importante

Nel suo insegnamento, la tecnologia è un valore positivo, purché sia sempre la persona a guidarne l’utilizzo e non a subirlo. Oggi purtroppo è molto evidente che l’uso di cellulari e di internet sia diventato per molti, soprattutto giovani, una forma di dipendenza, un modo per vivere in una realtà virtuale senza affrontare quella vera. Ma può invece rappresentare un potenziamento della nostra capacità di gestire la nostra vita e di conoscere il mondo.
Quella della tecnologia è una sfida veramente importante per noi, esseri umani del XXI secolo: mai abbiamo avuto a disposizione strumenti personali così potenti, che ci permettono di annullare distanze, di ricevere informazioni, di compiere operazioni diverse – meglio della bacchetta magica di Harry Potter! Contemporaneamente, mai abbiamo corso un così grande rischio di impigrirci, delegare agli oggetti le nostre capacità, confondere la realtà con la sua rappresentazione.
Nell’esperienza di Damanhur, è utile essere aggiornati nell’uso delle applicazioni più recenti perché offrono la possibilità di esperienze nuove e di estendere le proprie capacità. Pensare di fermare il futuro sarebbe come pensare di fermare il vento.

Scelgono le persone

Ciò che è importante è usare questi strumenti tenendo ben presente che non devono servire a esternalizzare le nostre capacità bensì ad acquisirne di nuove senza perderne altre: usare i social senza smettere di frequentare gli amici, imparare a memoria qualche numero di telefono, cercare informazioni sui libri senza delegare tutto a Wikipedia. In questo modo, il progresso è reale poiché “dà” senza togliere.
È il dilemma di ogni passaggio storico. Probabilmente, quando nel XV secolo Johannes Gutenberg introdusse la stampa, molti pensarono che quella sarebbe stata la fine della cultura perché l’avrebbe resa troppo popolare. Bisogna non avere paura delle novità, ma ancora di più bisogna imparare a usarle bene: devono essere utili loro a noi, non il contrario.