Noi sogniamo per attitudine personale, perché ci piace farlo, perché il nostro corpo ne ha bisogno e la nostra mente ne trae beneficio. Sogniamo per realizzare in un’altra dimensione le cose che non sappiamo realizzare su questa e per porre rimedio agli sbagli che abbiamo commesso durante il giorno.
Sogniamo perché non possiamo farne a meno, perché non possiamo fermare i battiti del cuore, la crescita dei capelli e neppure l’inizio dei film che ogni notte proiettiamo per noi stessi. Chiedersi perché si sogna è come chiedersi perché si digerisce e perché a ogni inspirazione corrisponde un’espirazione: si sogna perché fa parte del nostro ciclo vitale, fatto di vita biologica, spirituale e psichica. Si sogna perché la nostra specie è fatta così e ha bisogno di esprimersi anche in una dimensione diversa da quella materiale.
Come fanno i bambini
La cosa più curiosa è che non riusciamo ancora del tutto a considerare il sogno come un’attività naturale e “sensata”, immaginando spesso che sia qualcosa di casuale e di bizzarro. Conseguentemente, facciamo poco per imparare a sognare bene. Per un bambino, l’aspirazione a camminare e, qualche tempo dopo, a parlare, è naturale, e così ogni piccolo si impegna al massimo per riuscirci. Un bambino che impara a camminare parte spedito alla scoperta del mondo, lo sanno bene i genitori che ogni tanto devono cercarlo per capire dove è andato. E un bambino che impara a parlare ne è orgogliosissimo, e ben lo sanno quegli stessi genitori che, da un lato, non ne possono più di sentirlo chiacchierare, dall’altro si consolano col fatto che almeno adesso se non lo trovano possono chiamarlo e lui risponde!
Mondi che si completano
Ma per imparare a sognare, nessuno si impegna mai troppo. Anzi, da bambini si sogna spontaneamente, si dà prolungamento allo stato di veglia con quello di sogno, si è liberi di muoversi nella dimensione onirica senza sentirsi strani. È crescendo e, quindi, imparando a misurarci con le convenzioni sociali, che a poco a poco ci distacchiamo dai nostri sogni. Perdiamo qualcosa che avevamo. I sogni continuano a esistere, dal momento che per ogni essere umano si tratta di un meccanismo automatico, ma ci riguardano sempre meno, non li viviamo con consapevolezza e neanche li ricordiamo.
E allora può capitare che ci facciamo domande strane tipo: perché si sogna?
Ma come perché? Perché è naturale!
Coloro che sono abituati a sognare molto e ad averne consapevolezza, insegnano che c’è un modo curioso per distinguere il mondo del sogno dal mondo della veglia: nel primo, si dà per scontato che l’altro esista e ne sia il naturale complemento; nel secondo, ci si stupisce dell’esistenza del primo e – quasi quasi – la si mette in discussione.
Impariamo a sognare
Diceva Falco Tarassaco che noi umani impariamo tante cose, belle e importanti, ma trascuriamo di imparare a morire e a sognare. Imparare a morire, che è anche il titolo del primo libro di Falco, significa saper vivere più serenamente la vita e prolungarla anche oltre la sua durata naturale. Imparare a sognare, abilità alla quale sono dedicati perfino dei corsi, ci può aiutare a rendere molto più lunga la vita che facciamo: non già moltiplicando la sua durata – che sarebbe solo un incremento quantitativo – ma potendo guidare la sua fase notturna, con il risultato sia di poter fare cose altrimenti impossibili, sia di rendere molto più equilibrata e soddisfacente la vita diurna.
Stasera, quando andrai a dormire, quando nel buio della tua stanza avrai già gli occhi chiusi, prova a chiedere a te stesso di sognare, di ricordare il sogno, di mantenerne un’impressione forte. Fallo anche domani e poi dopodomani: per cambiare le proprie abitudini ci vuole un po’ di tempo. Se lo farai con costanza, ti accorgerai che qualcosa si trasforma, e avrai voglia di imparare a sognare. E avrai iniziato un bel cammino di conoscenza.
Cosa hai sognato di curioso recentemente?
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