Cosa succede quando moriamo? Probabilmente questa è la domanda più ricorrente nella storia dell’umanità; d’altronde, chi davvero conosce la risposta?
Nel corso degli ultimi decenni, la scienza ha osservato molti interessanti elementi sulla questione.
Cosa ne pensa la scienza moderna
Ai giorni nostri, la fisica quantistica si è imbattuta in scoperte che potrebbero rispondere ad alcuni tra i quesiti più misteriosi, come la possibile vita dopo la morte. La fisica quantistica mostra chiaramente una relazione tra il mondo fisico e la coscienza fino all’assunto sostenuto dai primi teorici quantistici, come ad esempio Max Planck: la materia, dicono, deriverebbe dalla coscienza e non il contrario. Anche il fisico Nicola Tesla affermava che solo quando la scienza avesse iniziato a studiare fenomeni “non fisici”, l’umanità sarebbe stata in grado di fare passi da gigante.
La morte del corpo
“Morte”, da un punto di vista medico, significa che il nostro battito cardiaco si arresta e, di conseguenza, anche la respirazione, l’attività cerebrale e la circolazione sanguigna. Tuttavia, gli studiosi osservano che è solo dopo il decesso che le cellule iniziano il processo di morte a loro volta, un processo che avviene gradualmente. Il Dr. Sam Parnia, direttore della ricerca per la terapia intensiva e la rianimazione presso il Langone Medical Center della New York University, ha dichiarato al settimanale americano Newsweek: “Non sto dicendo che il cervello lavori ancora o che una parte di noi funzioni dopo morti. Ma le cellule non passano istantaneamente da vive a morte. In realtà, rispetto al momento dell’arresto cardiaco, le cellule della persona rimangono in vita molto più a lungo di quanto fossimo soliti pensare.” Dr. Sam Parnia.
Esistono inoltre, innumerevoli casi di persone che sono state considerate clinicamente morte e poi riportate in vita attraverso ad esempio la RCP. Quando “ritornano”, molti descrivono di essere stati coscienti al di fuori del corpo e alcuni sono in grado di riferire le conversazioni avvenute, in quei momenti, tra le persone presenti nella stanza. Queste scoperte ci spingono a rivedere ciò che credevamo di sapere sulla vita e sulla morte.
Imparare a morire
La filosofia damanhuriana afferma che la “morte” non è reale, almeno non come siamo abituati a pensarla nel mondo occidentale.
Parlare di morte significa parlare di vita, perché morire è semplicemente il passaggio a un’altra “vita”.
Una certezza della vita è che tutto ciò che ha un inizio ha anche una fine. Quindi, la morte va rispettata come un elemento importante della nostra esistenza: noi respiriamo, mangiamo, cresciamo, amiamo e moriamo. Tuttavia, la cultura moderna non indaga a sufficienza sulla natura del morire, ponendo l’enfasi solo sull’inizio e non sulla fine.
Ma morire è importante tanto quanto nascere ed è un’arte che dobbiamo imparare a padroneggiare mentre viviamo, preparandoci per poter affrontare il momento della morte con gioia invece che con paura.
“Iniziamo ad avvicinarci alla morte dal giorno in cui nasciamo. Da un passaggio all’altro. L’infanzia e l’adolescenza ci aiutano a prepararci all’autonomia, all’età adulta e alla vita reale. Ma in quale fase della vita, ci prepariamo per la morte? Chi ci insegna a morire?”
– Falco Tarassaco, Imparare a morire –